Illustriamo il contenuto di una recente sentenza della Cassazione, relativa alla fattispecie della “presenza di causa di forza maggiore”, al fine di verificarne i termini di applicazione e le fattispecie rilevanti. La forza maggiore vale sia per le sanzioni che per gli interessi?
A norma dell’ art. 20 del DPR n. 602/73, “sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione o all’accertamento d’ufficio si applicano gli interessi a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte”; tali interessi sono denominati dalla norma stessa interessi per ritardata iscrizione a ruolo.
In altre parole, si tratta di interessi generati dal fatto che il tributo entra nelle casse dello Stato con ritardo rispetto a quando fisiologicamente avrebbe dovuto entrarvi.
Essi come detto sono dovuti quando la pretesa deriva da liquidazione automatica o da controllo formale della dichiarazione (artt. 36-bis, 36-ter del DPR 600/73 e 54-bis del DPR 633/72).
Il caso: rateizzazione controllo formale non pagata per causa di forza maggiore
Intorno a tale fattispecie ruota una controversia arrivata fino alla Corte di Cassazione; il caso era quello per cui, a seguito di un controllo ex art. 36-bis del DPR 600/73 era stata chiesta la rateizzazione dell’avviso di irregolarità. A seguito poi del mancato pagamento delle rate, le somme venivano iscritte a ruolo. Il ruolo veniva impugnato, sulla base di una sostenuta mancanza di colpevolezza, a causa della esistenza di una causa di forza maggiore (di cui all’articolo 6 del D. Lgs. n. 472/97).
I giudici (ci riferiamo alla ordinanza n. 9699/2025) hanno rilevato come non esista nel nostro ordinamento una previsione della causa di forza maggiore atta ad arrestare la automatica produzione di interessi di cui all’art. 1282 c.c., posto che nessuna deroga consta a tale norma generale.
Trattandosi poi di interessi, comunque denominati, è evidente che essi sono correlati alle imposte o maggiori imposte dovute, e quindi non sono equiparabili alle sanzioni che ne sono invece slegate.
La causa di non punibilità consistente nell’esistenza di causa di forza maggiore si rinviene soltanto per le sanzioni.
In base all’art. 6 del D. Lgs. n. 472/97, e al suo quinto comma, relativo alla forza maggiore, la presenza di una causa di non punibilità esclude l’irrogabilità della sanzione, la quale deve essere oggetto di prova ad opera del contribuente in sede di ricorso.
La conclusione, pertanto, è che la produzione di interessi da ritardata iscrizione a ruolo non si arresta, contrariamente a quanto si verifica con le sanzioni, in presenza di una causa di forza maggiore.
La motivazione della Cassazione
Ad ogni modo, la Cassazione ha ritenuto che la fattispecie posta a base della causa di non punibilità non regga nemmeno, nel caso di specie, ad escludere le sanzioni. Nessuna autonoma rilevanza può derivare – sostengono i Giudici – dal fatto che il ricorrente provi di vantare crediti verso terzi che non sia riuscito ad esigere. Il mancato pagamento dei debiti che l’interessato può addurre nei confronti dello Stato o dell’ente pubblico rientra nel suo normale rischio d’impresa, e non può certo elidere l’obbligazione, di natura pubblicistica, che egli ha verso l’Erario.
La nozione di forza maggiore comporta la sussistenza di un elemento oggettivo (ossia circostanze anormali ed estranee all’operatore), e di un elemento soggettivo (ossia l’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi). Rilevano dunque le circostanze anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, però, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso.
NdR. Cause di forza maggiore per inadempienze della pubblica amministrazione nel pagare i propri debiti
Danilo Sciuto
Martedì 22 Aprile 2025