Una recente risposta ad un discutibile interpello ci offre lo spunto per tornare sul tema della applicazione dell’articolo 36-bis del D.L. n. 75/2023, che prevede una specifica fattispecie di esenzione IVA per prestazioni connesse all’attività sportiva.
L’art. 36-bis del D.L. n. 75/2023 dispone l’esenzione da IVA per “Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del D. Lgs. n. 36/2021“.
Gestione del palasport: esenzione IVA sì o no?
È il caso, recentemente trattato, di una ASD che stipula un accordo con il Comune per la concessione in uso e gestione di un palasport, al cui interno siano contenute plurime previsioni, tra cui servizi di custodia, pulizia, piccola manutenzione nonché l’autorizzazione “ad effettuare la pubblicità commerciale all’interno dell’impianto oggetto della concessione”.
Confidando in una risposta positiva, l’ASD ha proposto istanza di interpello, chiedendo conferma che tali prestazioni godessero dell’esenzione Iva.
Manco a dirlo, l’Agenzia delle Entrate ha risposto (interpello n. 2/2025) che tale accordo non può fruire dell’esenzione IVA.
La motivazione sta nel fatto che l’accordo disciplina numerose prestazioni di varia natura, costituendo dunque una prestazione di servizi complessa, tenendo anche conto della presenza di taluni servizi di carattere accessorio, tali da non poter configurare quelle “prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport” previste dalla norma su esposta.
Si tratta, purtroppo, dell’ennesima risposta basata su criteri di cassa (visti gli effetti macro che la risposta affermativa avrebbe comportato) e non su criteri di diritto.
Quando si parla di prestazione “strettamente connessa” occorre valutare che l’attività sportiva potrebbe assolutamente essere praticata in assenza di contratti di sponsorizzazione o pubblicità.
D’altronde, il D.Lgs. n. 117/2017 (all’art. 79 comma 5), noto come Codice del Terzo settore prevede l’irrilevanza di tali prestazioni ai fini del calcolo della commercialità o meno dell’Ente.
Non dimentichiamo d’altronde, che le norme agevolative devono essere oggetto di stretta interpretazione, nel senso che non sono in alcun modo applicabili a casi e situazioni non riconducibili al relativo significato letterale. In tal senso, esiste giurisprudenza della Suprema Corte.
Il nostro parere
La risposta all’interpello è dunque evidentemente frutto di un pilatesco allineamento ai principi generali delle norme cosiddette eccezionali; alla stessa fattispecie sicuramente l’Agenzia avrebbe avuto un approccio decisamente più ermeneutico, in presenza di potenziali rischi di cassa.
In tal senso, l’introduzione dell’interpello a pagamento non è affatto da intendersi come una cosa negativa, in quanto sicuramente non si sentirà la mancanza di questi documenti di prassi.
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Venerdì 17 Gennaio 2025