Costa molto cara l’omessa comunicazione di operazioni sospette da parte del commercialista; la Cassazione conferma la sanzione di 40mila euro per il commercialista che non ha effettuato la segnalazione del cliente fortemente sospettato di essere coinvolto in un giro di riciclaggio; è irrilevante che non vi sia prova della provenienza illecita del contante.
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso di un commercialista ha confermato la sanzione di 40mila euro dovuta a seguito dell’omessa segnalazione di un cliente coinvolto in un giro evidente di riciclaggio e di pagamenti sempre con modalità cash.
Il caso di Cassazione: sanzione al commercialista per omessa segnalazione di operazioni sospette
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze impugnava la sentenza del Tribunale che, in accoglimento dell’opposizione proposta da un commercialista aveva annullato il decreto del settembre 2015, con cui lo stesso Ministero aveva irrogato al professionista la sanzione amministrativa di oltre 68mila euro.
Secondo il Ministero, il professionista, in violazione dell’art. 41, D.Lgs. n. 231 del 2007, in qualità di commercialista depositario delle scritture contabili di una impresa, aveva omesso di segnalare numerose operazioni finanziarie sospette poste in essere nell’anno 2008, consistite:
- nell’ingiustificato impiego di denaro contante o di mezzi di pagamento non appropriati rispetto alla prassi comune;
- in operazioni incongrue rispetto alle finalità dichiarate;
- nel ricorso ingiustificato a tecniche di frazionamento delle operazioni e ingiustificata interposizione di terzi,
come accertato dalla Guardia di Finanza con processo verbale notificato nell’ottobre del 2010.
Obblighi di segnalazione e indicatori di sospetto
Il Tribunale aveva respinto l’eccezione di prescrizione della sanzione ed aveva accolto l’opposizione, sostenendo che nel testo dell’art. 41, in vigore prima del 2010, non era stabilito, in capo al professionista, alcun obbligo di segnalazione dell’operazione di pagamento in contanti e che tale obbligo era stato introdotto per effetto dell’entrata in vigore del decreto-legge n.78 del 2010.
La Corte d’Appello accoglieva il ricorso del Ministero.
In particolare, i giudici del merito di secondo grado dopo aver richiamato il contenuto dell’articolo 41 del decreto legislativo n. 231/07, nella formulazione vigente all’epoca della condotta cont