In tema di società non operative, il contribuente può superare la presunzione relativa di non operatività, dando prova dell’esistenza di situazioni oggettive, indipendenti dalla sua volontà, da valutarsi in relazione alle effettive condizioni del mercato, dimostrando la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro e della continuità aziendale, e dunque l’operatività reale della società.
La prova della non operatività delle società di comodo nel pensiero della Cassazione
La Cassazione, dopo aver ricordato le regole generali[1], ha indicato i diversi principi espressi nel corso di questi anni, che costituiscono un vero e proprio decalogo in materia di prova contraria:
- il contribuente può vincere la presunzione dimostrando all’Amministrazione – attraverso l’interpello finalizzato alla disapplicazione delle disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto – le oggettive situazioni che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi (Cassazione 23/05/2022, n. 16472);
- l’onere della prova contraria deve essere inteso “non in termini assoluti quanto piuttosto in termini economici, aventi riguardo alle effettive condizioni di mercato” (Cassazione 20/06/2018 n. 16204; Cass. 12/02/2019, n. 4019; Cass. 5/04/12/2019, n. 31626; Cass. 1/02/2019, n. 3063; Cass. 28/05/2020, n. 10158);
- è stato escluso che, attraverso il meccanismo della presunzione relativa e dell’onere della prova contraria gravante sul contribuente, si pervenga ad un mero sindacato di merito del giudice sulle scelte imprenditoriali, rilevando che:
“il sindacato del giudice non coinvolge le scelte di merito dell’imprenditore, attenendo alla verifica del corretto adempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, con riduzione dell’operatività della “business judgement rule”, sempre valutabile, sotto il profilo tributario, per condotte platealmente antieconomiche.” (Cassazione 23/11/2021, n. 36365);
- con riferimento alla presunzione legale relativa di non operatività, l’onere probatorio può essere assolto non solo dimostrando che, nel caso concreto, l’esito quantitativo del test di operatività è erroneo o non ha la valenza sintomatica che gli ha attribuito il legislatore, giacché il livello inferiore dei ricavi è dipeso invece da situazioni oggettive che ne hanno impedito una maggior realizzazione;
“ma anche dando direttamente la prova proprio di quella circostanza che, nella sostanza,