La Corte Costituzionale prospetta una sequenza di passaggi che appaiono poco lineari rispetto alla ritenuta peculiarità di presunzione legale della prova bancaria.
Facciamo il punto sulla storia normativa delle indagini finanziarie e sull’annoso problema delle presunzioni.
La Corte Costituzionale in tema di presunzione legale di prova bancaria
Si riportano due passi testuali della sentenza del 31 gennaio 2023 in tema di presunzioni bancarie.
La ragionevolezza (art. 3 primo comma, Costituzione) della presunzione legale fondata su dati di esperienza generalizzati secondo l’id quod plerunque accidit e l’esigenza del rispetto della capacità contributiva richiedono che un’accentuazione così marcata del favor per il Fisco, sia bilanciata da un regime della prova contraria da parte del contribuente estesa ad ogni presunzione semplice (art. 2479 codice civile) e integrata dalla deducibilità del fatto notorio (art.115, secondo comma, del codice di procedura civile).
In particolare, nel dichiarare la non fondatezza di analoga questione di legittimità costituzionale (sentenza n. 225 del 2005) questa Corte ha già ritenuto che il contribuente possa eccepire la “incidenza percentuale dei costi relativi che vanno, dunque detratti dall’ammontare dei prelievi non “giustificati”, ciò sulla base della più recente giurisprudenza di legittimità”.
Il caso oggetto di giudizio della Consulta
La Corte Costituzionale, con la sentenza in esame, nel ritenere non fondata la censura di legittimità sollevata dalla CTP di Arezzo in ordine alla presunzione legale raccordata ai prelievi dai conti bancari dei piccoli imprenditori, nelle riportate dinamiche argomentative ricongiunge l’inferenza causale tra il prelievo ingiustificato ed il ricavo occultato al fisco ad una doppia presunzione (in tale specifico senso si esprime la Consulta) che consente di volturare il costo occulto interagente con il prelievo, in un componente positivo di reddito.
Costo occulto e ricavo occulto, quindi, partecipano della medesima verità presuntiva, costituendo l’uno (il costo occulto) il supporto indiziario dell’altro (il ricavo occulto).
Tale reciproco ed indistricabile ausilio indiziario riguarda anche e per ovvietà logica, il corrispondente valore numerario, nel senso che l’ammontare del prelievo ingiustificato viene correlato all’acquisto di un fattore produttivo poi usato nelle dinamiche imprenditoriali per la produzione del ricavo occulto di identico ammontare.
Se tale è, quindi, l’ammontare del costo occulto (non confutabile in quanto fondamento costitutivo proprio della doppia correlazione considerata dalla Consulta), allora non appare dotata di alcuna logica pertinente con l’iter argomentativo della Corte, ritenere che il contribuente possa invocare, proprio per evitare pregiudizio ai principi costituzionali della ragionevolezza (art. 3) e della capacità contributiva (art. 53), in deduzione dei ricavi occulti una qualche “percentuale di incidenza dei costi”, avvalendosi di un regime di prova contraria anche fondato sulle presunzioni semplici (art. 2729 c.c.).
L’incongruenza appare manifesta, dal momento che il costo occulto, proprio per detta valutativa della Corte Costituzionale, non è un presupposto esogeno alla inferenza indiziaria che commuta il prelievo in ricavo occulto, ma partecipa con nesso diretto e, quindi,, endogeno, allo stesso risultato presuntivo.
Poiché, quindi, i prelievi ingiustificati, proprio nel loro preciso ammontare, costituiscono il costo dei fattori produttivi alla base dei ricavi occulti, è tale preciso ammontare a dover costituire il sottraendo nella determinazione del reddito imponibile da riprendere fiscalmente.
I prelievi ingiustificati dal conto corrente
In altri termini, o si ritiene, come nel proseguo verrà privilegiato, che i dati, gli elementi in genere e, quindi, anc