Non possibile nota d’accredito per rivalsa da accertamento ai sensi dell’articolo 60 infruttuosa, per mancata riscossione del credito
Rivalsa da accertamento: sul mancato pagamento non si può emettere la nota di credito
Ndr: CommercialistaTelematico ha già affrontato l’argomento in più occasioni, ad esempio:
– Accertamento induttivo IVA: come esercitare la rivalsa sul cessionario
– nel Diario Quotidiano del 23/12/2019: Rivalsa IVA da accertamento negata
– Il professionista e il suo diritto alla rivalsa IVA nel fallimento
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Non è possibile emettere una nota di variazione in diminuzione, qualora dopo l’esercizio della rivalsa esercitata a seguito di accertamento definitivo, il credito del contribuente non sia stato soddisfatto a causa di una procedura esecutiva rimasta infruttuosa.
In tal caso l’istituto assume rilievo di natura privatistica e investe il rapporto tra i contribuenti coinvolti, di conseguenza non è possibile ricorrere a meccanismi previsti dalla disciplina tributaria.
Il caso esaminato
L’agenzia delle entrate si è occupata del caso di un contribuente che, dopo aver versato la maggiore Iva emersa da un accertamento con adesione, ha esercitato, nei confronti del cessionario coinvolto nell’operazione contestata dall’amministrazione finanziaria, il diritto di rivalsa secondo l’articolo 60, ultimo comma, del Dpr 633/72, emettendo fattura con nota di debito.
Non avendo avuto più notizie della società cessionaria, l’istante ha presentato al Tribunale istanza per il riconoscimento del fallimento della controparte, richiesta accolta dal giudice. Avviata la procedura concorsuale, il curatore fallimentare ha redatto il conto della gestione precisando di non aver potuto eseguire alcuna liquidazione, perché la società fallita non risultava proprietaria di alcun bene mobile e immobile.
Il contribuente chiedeva se, per recuperare l’imposta, potesse emettere la nota di variazione in diminuzione, prevista dall’articolo 26, comma 2, del Dpr n. 633/1972, nell’ipotesi di procedura concorsuale infruttuosa e, possa, di conseguenza, detrarre l’Iva addebitata in rivalsa al cessionario fallito e non incassata.
Il parere dell’Agenzia
Secondo l’Agenzia delle entrate l’articolo 60 del Dpr 633/72, citato dal contribuente, sancisce il diritto di rivalersi dell’Iva versata in relazione ad avvisi di accertamento o rettifica emessi nei confronti dei cessionari o committenti soltanto se l’imposta, le relative sanzioni e gli interessi sono stati, da questi, effettivamente versati all’Erario.
In tal caso, cessionari e committenti, a loro volta, possono esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui hanno corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata per rivalsa e alle condizioni esistenti al momento di effettuazione dell’operazione originaria.
Come precisato dalla stessa Agenzia in precedenza (circolare n. 35/2013, risposte n. 84/2018, n. 176/2019, n. 531/2019 e n. 219/2020), la norma in questione ha lo scopo di assicurare, mediante il meccanismo della rivalsa, il principio di neutralità dell’Iva: il fornitore recupera, attraverso appunto la rivalsa, l’imposta o la maggiore imposta accertata e versata, mentre il cliente (soggetto passivo) può esercitare il diritto alla detrazione a condizione che abbia corrisposto quanto addebitatogli dal fornitore a titolo di rivalsa.
Secondo il corretto funzionamento dell’Iva, prosegue l’Agenzia, l’imposta deve ricadere unicamente sul consumatore finale e non sugli operatori economici.
Tuttavia, la rivalsa che deriva da un avviso di accertamento, a differenza di quella ordinaria, è facoltativa, si realizza dopo l’effettuazione dell’operazione e presuppone che il cedente o prestatore abbia provveduto al versamento definitivo della maggiore imposta accertata.
Da ciò, l’Agenzia delle entrate desume che l’istituto disciplinato dall’articolo 60 riveste carattere privatistico, riguardando i rapporti interni tra i contribuenti e non il rapporto tributario.
Le possibilità del contribuente
Per conseguenza, per il fornitore, nel caso di mancato pagamento dell’imposta da parte del cessionario, l’unica via accessibile per il recupero dell’Iva versata all’Erario, addebitata in rivalsa e non incassata, è l’ordinaria giurisdizione civilistica.
La natura privatistica dell’istituto impedisce di applicare altri meccanismi quali, come prospettato nell’interpello, la nota di variazione in diminuzione (articolo 26, commi 2 e 3, del decreto Iva).
Dunque, l’istante non può, dopo l’esercizio infruttuoso della rivalsa ai sensi dell’articolo 60, rimediare alla mancata riscossione del credito attraverso una nota di variazione in diminuzione.
Lo ha precisato l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 49 del 19 gennaio 2021.
A cura di Vincenzo D’Andò
Venerdì 22 gennaio 2021
Informazione tratta dal Diario Quotidiano di CommercialistaTelematico